domenica 29 maggio 2011

Culicchia, eh? www.liviocepollina.it

Culicchia, eh?


Sabato mattina, ero in auto, ascoltavo Radio 24. Una stazione su cui mi sintonizzo volentieri, mi piace perché parla molto, spesso di cose interessanti e soprattutto perché lo fa senza urlare. Era più o meno mezzogiorno, un’afa stordente, complice l’aria condizionata, intravista e vissuta solo fuori dai vetri e dei primi languorini che ottimisticamente presagivano quello che , a breve, sarebbe stato un seducente e poco invadente pranzetto con la mia compagna a base di grano Barilla, desuetamente condito con del pesto e del pomodoro fresco, il tutto iper-gustato con un mix non quantificabile di spezie garbatamente defenestrate da colorati barattolini presi a “muzzu” da sopra la mensola .
Compagni di Viaggio era il programma che mi teneva compagnia e riusciva a sedarmi l’ansia del sempre troppo traffico e del continuo cantierume che ininterrottamente fodera le strade della mia città. La grazia emotiva e l’assenza di paturnie, fatto di cui mi accorsi dopo, era dovuta più che altro al brusio quasi mantrico della radio, dalle sue voci carezzevoli. Forse, anzi – senza forse - non sentivo neanche cosa dicessero, ma quella copertina sopra alla mia anima nevrotica mi si addossava bene e ciò bastava. Una delle mie poche conquiste con l’esperienza della vita è di godermi i momenti provvisori di benessere senza perdere tempo, riducendone ulteriormente la già breve durata, a cercare di capirne il segreto che quasi miracolosamente li ha resi possibili.
Ma il Paradiso spesso è l’anticamera dell’Inferno e così accadde. Concentrandomi meglio udii che c’era Culicchia che parlava del rispetto che Berlino Est riserva agli autori, tanto che alla presentazione di un libro i clienti devono pagare un biglietto, i cui proventi finiscono un po’ nelle tasche dell’autore stesso ed un po’ in quelle della libreria, o quello che è, che si è fatto carico di promuovere l’evento. Il solito incazzume, con me clemente fino a qualche attimo prima, con la stessa inaudita violenza di un tornado, si abbattè sul mio fragile equilibrio umor-paturn -psicologico, intunnellandomi in una galleria di frustrazioni e di rivalse irrisolvibili.
Ma comeeeeeeeeeeeeeeeee? Culicchia che lamenta un mancato riguardo verso gli scrittori, quando è proprio lui ad essere, inspiegabilmente, uno degli anneritori di carta più omaggiati, adorati, ossequiati, guardati e ragguardati, considerati a priori (e per qualsiasi cosa dica o faccia), che ci siano in Torino?
Uno che, quando scrive qualcosa, gli regalano tre vetrine della Fnac. Uno che lo chiamano, durante i farsa- eventi sotto la Mole, a parlare dei torinesi e della torinesità, quando è lui stesso a non essere torinese purosangue ma di origini siciliane. Non è razzismo! Ma a me, polentone - vero taurino doc, non chiamerebbero mai per decantare l’orgoglio siciliano, la riservatezza sarda o qualsiasi altra caratteristica caratteriale di una precisa popolazione a cui non appartengo, o ci appartengo, geneticamente, da troppo poco tempo per garantirne una giusta descrizione.
Culicchia rappresenta il tipico caso del successo “boh?”. Cresciuto, e qui non è colpa sua, col marciume del premio Grinzane, si avvale di un riscontro mediatico assolutamente immotivato. Dopo aver mosso i primi passi sui tappeti di casa Soria è riuscito ad accedere nei palazzi giusti, quelli che contano, quelli dai cui uffici si dettano le leggi del cultur-business subalpino. Sia ben chiaro, stesse scale che godrei a salire anche io me ne dessero la possibilità, a patto che non debba ruffianeggiarmi nessuno. Curioso come sono, ho letto molte cose sue e sono certo nel non considerarlo un mostro di bravura. Lo so, io non faccio testo nel dichiararlo, ma - mi si creda - le belle penne (parole spesso usate dal suo zietto ed amichetto Gramellini) sono ben altre.
Quindi, almeno, taccia (e ringrazi). Tutto con rispetto, neh…


Livio Cepollina