mercoledì 17 agosto 2011

Facebook, la più reale delle finzioni www.liviocepollina.it

FACEBOOK, LA PIÙ REALE DELLE FINZIONI

Non c’è nulla di più inesatto che sostenere l’irrealtà di Facebook. Grazie ai social network si scoprono un mucchio di informazioni. Non c’è specchio più veritiero della vita e degli umanoidi. Chiunque si approcci a Facebook, lo fa portandosi appresso le sue frustrazioni e le sue convinzioni. I più divertenti sono i mezzi divetti, o meglio, quelli che si ritengono tali. Normalmente diffondono con nonchalance le loro attività per pubblicizzarle, ma lungi da loro condividere pareri e riflessioni con gli amici del loro profilo. Un vero divo non avrebbe bisogno di autoreclamizzarsi, c’è chi lo fa per loro. I mezzi divetti è già rarissimo che rispondano ai saluti che gli rivolgono. Il perché antropologicamente è ancestrale: ha a che fare con il senso di competizione che da sempre ha accompagnato l’evoluzione dell’essere umano, credono che donando il loro tempo a quelli che dovrebbero essergli non solo amici ma anche fan, si ridurrebbero ad essere loro pari. Il loro è un distacco premeditato, per mantenere la giusta separazione fra il loro (presunto) livello superiore e quello degli esseri normali, che ritengono inferiore. Nel momento che invece un altro mezzo divetto riempie con qualche parola lo spazio della sua bacheca, allora sì, la risposta arriva allo scopo di far trapelare per l’ennesima volta lo stesso messaggio “sono superiore e considero solo gli altri miei simili”.
È un atteggiamento curioso per dei siti nati allo scopo di socializzare, non di accentuare il concetto di disuguaglianze. Per inondare di spot autopromozionali ci sono i siti normali, i blog, ma Facebook è un mercato troppo frequentato per ignorarlo.
Penosi sono quelli che una volta artisticamente erano qualcuno ed adesso non lo sono più, il loro approccio a Facebook è mieloso. Il loro è un lavoro di recupero, cercano di riottenere i consensi perduti e di far capire quello che una volta erano.
Il loro profilo diventa un armadio pieno di vecchie foto e di vecchi filmati, un puzzle di ricordi dove si ostinano ad aggiungere sempre nuove tessere, ma la vita degli artisti è atroce, è più facile perdere il successo che ritrovarlo.
Poi ci sono gli artisti velati di mistero, quelli che postano bozze di loro progetti e - come se fossero assorti in lavorazioni da tenere segrete - tentano di illuderci che quando la loro opera sarà ultimata, esploderà come un’atomica e tutti i media parleranno solo di quello. Ma quando mai …
Lo squallore profondo arriva da molte ragazzette. Volgarissime. Sono così poco elevate interiormente che confondono ancora la vera seduzione con la simulazione di un rapporto orale con un collo di bottiglia o una cannuccia come partner o baciando sulla bocca, magari con una puntina di lingua, la loro amichetta. Non le hanno informate che si può far innamorare un uomo anche con dei capelli raccolti, con un sorriso dolce con la faccia ben lavata e mostrando un po’, non dico tanto, di cultura.
Anche vero che ci sono un mucchio di ragazzetti idioti che le spingono a mantenere questo comportamento bordell-line con le loro approvazioni tipo “sei troppo bellissima” o, volendo fare i romantici, “non CIÒ parole per descriverti CIÒ che provo quando ti vedo“
Migliaia di modelle che vorrebbero apparirci come delle top sempre a spasso col trolley per spostarsi fra una mecca all’altra dell’alta moda, imbarazzante (per loro) quando le trovi a far le cassiere in qualche infimo supermercatino di periferia.
Ragazze- immagine (di vacca) che ritengono un’arte il ballare muovendo il sedere davanti a degli allupati così lordati di alcol che in quel momento si farebbero anche Lucia Annunziata. Con cui tra l’altro, sarebbe sicuramente più divertente, terminati gli effetti dell’allupamento, mantenere una conversazione.
Fra le varie funzioni di Face c’è quella di postare il luogo in cui ci si trova. Gente che si compiace di essere in una discoteca o in qualche ristorante prelibato dove una pugliese con gli occhi a mandorla ti cucina cruda un’orata del Carrefour facendotela passare per sushi. Non capisco cosa ci si provi di così emotivamente gratificante nel dire dove ci si trovi. Possono andarci tutti e quindi basta andarci, no?
Gli spappagnaus, i tamarri. Quelli che non sanno spiaccicare una frase di venti parole senza sbagliarne diciannove e ti copia-incollano i testi in inglese …
Le debboresharonljubeminchiamery che riportano gli aforismi dei filosofi …
Parassiti del sistema che per cinquanta anni hanno sempre avuto qualcuno o qualcosa che li ha mantenuti e ci spiegano la borsa.
Laureati che si credono dei Leonardo da Vinci e mettono gli apostrofi al posto degli accenti, operai che si credono dei Briatore e briatori che fingono di preoccuparsi per gli operai.
Qualcuno disse che noi siamo la faccia che abbiamo ed è una verità sacrosanta.
Uno o una con la faccia da cirimimmo-a non può parlare di Platone, non passa, non ci crede nessuno. Evitate.
I compleanni, altro dramma, gli auguri falli a chi conosci, non a chi - con cui - non hai neanche condiviso un caffè. E se poi ci tieni veramente a qualcuno, telefonagli per farglieli. Al massimo limitati a mandagli un messaggio privato, viceversa non ha nessun senso, se non quello di riempire l’aria di altre ipocrite idiozie.
Facebook è questo, è il mondo a portata di mano e per noi italiani, il nostro belpaese di troppe caprette e pochi pastori, da goderci e spesso da sopportare e il tutto con un semplice click.










Livio Cepollina
www.ilpensologo.it
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