venerdì 3 agosto 2012

barbieri

BARBIERI

È più facile trovare un venditore di bagna caoda sull’Aspromonte che un barbiere piemontese a Torino. Se non pensiamo ai vari franchising del pettine o ai nuovi cinesi che con meno di dieci euro ti fanno taglio shampoo e ti mettono pure la lozione al profumo di pollo fritto, i barbieri e i loro negozi sono tutti sacrosantamente uguali! Loro si chiamano tutti o Nello o Beppe o Mimmo e i Franco sono tantissimi come i Salvatore e i Pasquale. I loro figli, quando rilevano l’attività non essendo riusciti a sfondare come tronisti, si chiamano Denis, Antoine, Tommy ma nelle loro anime l’essenza dei Nello Beppe Franco Salvatore Pasquale gli è rimasta paro paro. Anche se nell’insegna aggiungono HAIRRR STAILLLL, così sono.
Innanzitutto i barbieri non parlano mai di capelli, ma di “capello”. Parlare del “capello” li fa sentire più eruditi. Quando parlano del “capello” ci mettono la stessa passione di Bruno Vespa con la Franzoni.
Loro sono sempre i migliori e per inculcarti questa teoria banfano da morire.
“PENSA CHE CIÒ UN CLIENTE CHE MI VIENE LA DUE VOLTE AL MESE DA STOCCOLMA. CIÀ I SOLDI, OVVIO. (beh, il 51 barrato non ci arriva ed il viaggio costerà … ) MA TANT’È CHE VIENE LA DUE VOLTE AL MESE DA ME … È UN INGEGNERO IMPORTANTO, COSÌ IMPORTANTO CHE NON VUOLE CHE SI SA IL NOME (ovvio non esiste … ). OÙÙÙÙ … UNA VOLTA , PER COLPA DEL TRAVACCHIO (trad. lavoro) NON HA POTUTO VENIRE ED È ANDATO DA UNO PIÙ VICINO(incredibile! Uno che abita a Stoccolma, nella stessa Stoccolma trova dei barbieri più vicini rispetto a quelli che trova a Torino, non l’avrei mai sospettato!) SENTI A-MMÈ (trad. ascoltami),TU NON CI CREDERAI A MMÈ (replica enfatica del complemento oggetto per rafforzare il disagio). L’HA ROVVVVINATO! NON TI DICO! TE LO GGIURO! HO DOVUTO FARE TRE INTERVENTA PER RIPARARGLI IL CAPELLO”.

E poi sono così bravi i barbieri che di nascosto (un’altra cosa assolutamente da tacere!) hanno fatto dei corsi a quelli che poi sono diventati famosi (inutile dire che sono quelli poi diventati famosi ad aver sentito parlare di loro e ad averli pregati di insegnar loro il mestiere).
“ADESSO TI DICO UN ALTRO SECRETO, MA NON DEVE USCIRE DALLO STANZO (mentre con il suo alito killer si avvicina all’orecchio). A COSO …. COME SI CHIAMA …. GIAN LUIS DAVIDDO … L’HO IMPARATO IO! QUELLO STR … NON SAPEVA NEANCHE TENERE IN MANO LA FORBICIA E ADESSO, OGNI VOLTA CHE MI INCONTRA (curioso che i due si possano incontrare così frequentemente, dubitando siano dirimpettai), NON MI SALUTA NEMMENO! (il mondo è stracolmo di esseri umani irriconoscenti, lo so)”

Un’altra caratteristica dei barbieri è l’innata presupponenza nel ritenersi irresistibilmente simpatici. Inutile dirlo, il loro piatto forte (o meglio, che credono questo sia) sono le barzellette. Sono tutte incentrate sulla patatina che normalmente chiamano con la solita parola di quattro lettere F..A ma optando per la C al posto della G. Pronunciare “..CA” li riempie ed inorgoglisce di più rispetto a
“ ..GA”. Probabile che siano i loro ormoni focosissimi ad indurli allo scegliere la rude e gutturale C al posto della più morbida e quasi palatale G. Sono loro convinzioni ed ognuno ha le sue. Normalmente le barzellette le raccontano con dei tempi comici che al confronto Alfano sembra Gino Bramieri. Le barzellette sono sempre le stesse, da un mucchio di anni, se le prime due le interrompi appena partono affermando di conoscerle già, la terza per educazione ti tocca ascoltarla. Anche questa la conosci e già è brutta di per sé, per di più te avendola sorbita altre mille volte è davvero impossibile ridere.
Per la stessa educazione di prima, ti limiti ad un’apertura della bocca allo stesso modo di quando velocemente ti lavi i denti in treno. Lui si accorge dello scarso entusiasmo con il quale hai omaggiato la sua attitudine cabarettistica e, con una scadenza precisa, ogni due minuti ti ripete il finale della barzelletta, mimandolo con più fervore ed accentuando, quasi gridando, le parole chiave che avrebbero dovuto come minimo farti rotolare giù dalla sedia, talmente avrebbero dovuto essere sorprendentemente esilaranti.
Fra le tante palle che mi raccontava il barbiere che frequentavo da pischello, c’era quella che, grazie alle sue abili mani, stava avvenendo in me una trasformazione che altrimenti sarebbe stata riconducibile solo ad un miracolo: stavo diventando un ragazzo bellissimo: un adone da indurre le ragazze a duellarsi fra loro e dove solo la vincitrice avrebbe potuto ambire a possedermi. Non solo! Astutamente, nel preciso istante che mi metteva l’asciugamano di carta attorno al collo, avendo così la scusa di occultarmi con il suo corpo, la vista di ciò che stava succedendo fuori dal suo negozio, bene … proprio in quell’attimo lì, un ficone da paura, anzi un “FICCCONE” da paura si era fermata a fissarmi con un inequivocabile interesse iper - libidinoso. Se io adesso sono un idiota, all’epoca lo ero molto di più e per di più sprovvisto di quell’autocritica, costruita con l’esperienza di vita, utile a consapevolizzarti su quello che fisicamente si è . Uscivo dal negozio, con lo sguardo cercavo un “FICCONE ” da paura che all’incirca corrispondesse alla descrizione rivelatami da quel bastardo del barbiere. Quando credevo di averlo trovato, mi avvicinavo e con fierezza estetica fuoriuscivo dalla bocca il mio “ciao”, al quale, immancabile seguiva un “mavaffanxulo …”.
Come dire è stato bello sognare.
Se ogni tanto ho dubbi sui miracoli dall’Alto, assurdo credere ai barbieri.
Amen.