lunedì 25 febbraio 2013

pieni di vUoti

pieni di vUoti



I primi ad arrivare sono gli anziani. Con passi lenti ma decisi, incuranti della neve o di qualsiasi altre intemperie si fossero manifestate, camminano a ridosso dei muri per ridurre al minimo tutti gli elementi, persone comprese, che potrebbero intralciare il loro cammino. Alcune signore, nel braccio, hanno anche infilato un sacchetto; non è da escludersi che l’abbiano portato appresso per abitudine, fosse stato un altro giorno della settimana, lì dentro ci avrebbero ficcato la spesa del giorno, risparmiando quei centesimi che rappresentano nei supermercati una non indifferente fonte di guadagno, essendo i sacchetti - appunto, uno degli articoli dove mettono maggior ricarico. Sanno già chi votare, ci hanno pensato a fondo, sebbene - ormai presi in giro da una vita - non hanno più la speranza che si concretizzino le promesse con cui i politicanti abbagliano il popolo dall’ancora troppo facile accecamento. Il voto è un dovere ed un dovere lo si adempie a priori, per gli anziani sottrarsi all’aspetto rigoroso della vita e come sottrarsi alla vita stessa col rischio di perderla. I ventenni è già tanto che non decidano il partito su cui mettere il segno nel tragitto che intercorre fra casa loro ed il seggio. Alle votazioni, cominciano a pensarci il giorno prima e solo perché panicati non sapendo più dove cappero sia finita la scheda elettorale “ma non bastava la Carta d’Identità …?”
Poi, ovvio, ci sono altri ragazzi che invece della politica ci hanno fatto lo scopo di vita, la playstation ha esaurito tutti i neuroni entusiasmabili dal gioco e poi, fra una giornata a dormire ed un’altra occupata a cercarsi un lavoro, riempirsi la bocca su ciò che è stato appena appreso su Twitter fa eroi, soprattutto se è quello che in quel periodo rappresenta la tendenza più figa.
Ad essere sinceri, anche i non più giovanissimi si fanno abbindolare dai pagliacci di turno, e solo in questa campagna elettorale di buffoni ce ne sono stati a bizzeffe, il demone di Moira Orfei ha imbrattato di rosso i nasi di tutti i contendenti al trono. Un mio amico coetaneo che non mi cerca mai, mi ha spedito un sms alle undici di sera invitandomi a votare per il suo messia. Inutili i miei tentativi di rinsavirlo, in quell’uomo ormai aveva riposto tutta la sua fiducia. Nella malaugurata ipotesi che i suoi fedeli siano stati così tanti da riuscire ad elevarlo agli altari del governo, fra qualche mese lo risentirò, ma sicuramente, deluso, nel frattempo si sarà già convertito ad un’altra fede, non ammettendo l’assurdità dell’ultimo dio in cui aveva creduto. La politica è morta con l’appiattimento degli ideali. In una società dove non esiste più un peso della parola e dove la stessa viaggia troppo velocemente per essere sentita e vissuta appieno, in palio c’è solo più una torta da spartirsi. Forse era così già prima, ma quella che è cambiata è l’indomata e di conseguenza disgustosa golosità con cui i ghiottoni vorrebbero voracemente mangiarsela.

LIVIO CEPOLLINA