Aver voglia di essere quello che non si è, anzi peggio, far
proprio finta di essere quello che non si è. Che per di più, sempre che i
titoli possano valere qualcosa, lui non è un babbeo qualsiasi, è un anatomopatologo,
parolone bello tosto che ho dovuto copia-incollare per scriverlo giusto. Parliamo di un distinto signorotto, salito
agli altari della notorietà nel 2004. Seguì un famosissimo caso di cronaca nera,
facendo diversi figuroni di cacca. In tutti i sensi, arrivò a confondere degli
escrementi per delle tracce di sangue, differenza così palese che coglierebbe
anche un cerebradipo a cui hanno regalato Il Piccolo Chimico.
Ma lui voleva essere ancora di più, armato di gomma e penna,
va nelle anagrafi, chiesette e archivi di mezzo Piemonte e corregge la storia (non)
araldica della sua famiglia, arrivando ad auto-insignirsi del titolo di marchese. Cose
da tipografo Loturco nella Banda degli Onesti di Totò. Se essere
anatomopatologo fa fighi, essere marchese anatomopatologo fa fighi il doppio.
Discendente dei marchesi Manfredi d’Angrogna Luserna von Staufen, che figata,
per scrivere tutto il nome serve una carta d’identità A4. E se andate su
Internet, trovate ancora fedeli le manomissioni del signore, mi chiedo perché i
giornali non le abbiano pubblicate,boh.
Riflettendoci, mi accorgo che quello di inventarsi dei
titoli fasulli è ormai moda. Nello specchio più fedele che abbiamo della
realtà, cioè Facebook, la stragrande maggioranza dei membri si inventa ruoli
che non copre. Barbieri che si credono stilisti, pagliacci che si credono
imprenditori e si vanno accompagnare alle joint venture perché non hanno i soldi
della benzina (se non la macchina stessa), pischelle che si selfano nei cessi
dei locali e,con i loro “at work”, tentando di apparirci consumate soubrette del Moulin Rouge,
costrette a lavorare con la loro cellulite ma, nello stesso tempo, tanto
desiderose di renderci partecipi della loro sofferenza. Magari mostrandoci le
zinne schiacciate in un push up, è più drammatico. E abbiamo ancora comparse che nelle “pause” dei
film vanno a rumpere li cujuna ai soliti 5 attori della casta per farci la foto
assieme. Ci ricordano anche il titolo del film, ma in cuor loro sperano che questo
film non si veda mai, sarebbe imbarazzante poi chiamarli dicendogli “sei stato
bravo a passare sul marciapiede di fronte a quello dove i protagonisti
recitavano, non potevi farlo meglio!”. Ho visto comparse mute che si fanno
immortalare, mentre concentrati studiano il copione a memoria. Quando si dice essere
dei deficienti in gamba, non improvvisati!
Troppo faticoso cercare di migliorarsi giorno dopo giorno,
ambire ad inspessire la propria personalità a piccoli passi, più facile
fotografarsi a fianco di Belen che cercare di diventarlo a forza di sacrifici e
soprattutto tanto (bel) culo. Mmmmh, credo di aver sbagliato esempio.
Livio Cepollina
(vero ) discendente
dei Conti Cepollini di Alto e Caprauna