I MERCATINI DELLE PULCI
Se una volta non c’erano domeniche senza aperitivo con il giornale sottobraccio e la passeggiata al Valentino senza scorta armata, ora non vi sono domeniche senza un mercatino delle pulci.
Grandi, medi e così piccoli da dire “ma dove sta? Tu lo vedi?”, vivacizzano piazze che fino a prima rappresentavano il più alto anonimato toponomastico.
Certi nomi di vie e di piazze li scopri solo dopo che ci hanno fatto un mercatino, anche se sono a due passi da casa tua.
- Venditori -
Ci sono quelli che lo fanno per “arrotondare” i conti che non “quadrano”.
Ci sono le mogli che hanno trovato una buona scusa, per allontanarsi dal marito che bradipamente si segue il calcio sul divano, fra una russata ed un rutto sapore Moretti.
Ci sono quelli che amano trarre guadagno da robe buttate da altri.
Ci sono quelli che per vendetta amano svendere, se non regalare, robe che altri si sono guadagnati faticosamente.
- Clienti -
Il cliente più sgradito dai venditori (cliente … meglio dire disturbatore) è il classico signore sulla cinquantina di anni che esce in braghe corte, calzini corti, mocassini con stringhe disegnate e T-Shirt Extralarge Super Finta Lacoste, con coccodrillo tipo pantegana gigante, visibilmente chiazzata da spruzzi di sugo che fino ad un paio di ore prima tsunamava le lasagne che voracemente si sono strafogati.
Normalmente non compra mai un tubo, ma tocca tutto. Lo spacca- marroni fatto uomo. Non solo tocca, ma prende in mano e fa vedere ai suoi compagni di passeggiata “Minkia Gino, te le ricordi queste, come si chiamavano … le cose … le CliccheClacche, tenendole con la mano ci facevi battere le palline una contro l’altra … e da lì viene il nome Click Clack (wow … l’uomo genio quando c’è, viene fuori). Mi ricordo che all’inizio, prima d’imparare a sbatterle, ti facevi sempre male alle dita”. Ed il venditore pensa: se non le rimetti a posto, vedi dove te le metto e vedrai come ti faranno ancora più male.
Poi c’è il cliente improvvisamente folgorato dalla consapevolezza, quello che sottovoce dice alla moglie “ma guarda qui, trent’anni fa ho buttato valigiate intere di questi Monelli ed Intrepidi e questo cogl … li vende a 15 euro l’uno”. Il venditore, ormai psicologicamente assuefatto dal sentirsi ripetere alle spalle sempre le stesse parole, replica sempre sottovoce “allora mi sa che fra noi il cogl … sei tu”.
I clienti più assidui e che personalmente adoro sono gli anziani collezionisti. Le loro collezioni sono vere e proprie passioni, le amanti della terza età che non necessitano di Viagra, il loro scopo di vita, ma la memoria ormai è quella che è e così estraggono dal taschino del loro camiciotto corto (appena stirato e senza macchie di sugo ) il loro taccuino dove sono appuntati i numeri mancanti delle strisce di Tex o la quotatura delle 100 lire Minerva del ‘56, queste ultime costano un patrimonio, ma sperano di trovarle da qualche vuotatore di solai a molto meno, per poi con orgoglio mostrarle ai nipoti che vedendole esprimeranno il loro imbarazzato menefreghismo con un “E beh? ...”.
Poi ci sono quelli che comprano di tutto, sono vere e proprie combriccole di abituè dell’acquisto vintage, fra loro parlano solo di “pezzi”.
Vecchi canzonieri di Sanremo, dischi vinile 58 giri, gavette del Regio Esercito, cavaturaccioli, pezzi di gambe di bambole Lenci (forse dei maniaci?) - insomma per loro tutte le cose sono “pezzi”. Spesso non sanno neanche cosa veramente rappresentino quei pezzi, ma di questi riempiono la casa, con la moglie che sbraita perché non sa più dove ficcarli. Stessa moglie che poi, quando in qualche modo è riuscita a sistemarli, riflette e si consola “meglio questo che vedermelo girare per casa in vestaglia sbuffando perché annoiato dall’inattività”
Amen.