giovedì 8 maggio 2014

Magia al popolo? Giammai!

MAGIA AL POPOLO?
GIAMMAI!

C’è un collettivo di autori, sicuramente coltissimi, che si fa chiamare WU MING. Queste due parole cinesi dovrebbero significare SENZA NOME, esternando il desiderio di questi signori a non apparire troppo. Scegliendo dei nomi assolutamente inconsueti, seppur possa apparire paradossale, si ricordano più facilmente e questi signori, invece di assentarsi come “avrebbero” desiderato, presenziano maggiormente. È una tattica sagace, adottata ultimamente anche da uno pseudo partito, simulare di percorrere strade opposte a quelle transitate  maggiormente, ma col desiderio di arrivare alla stessa meta. Risultato? Il raggiungimento dello scopo rimane identico ma si appare, agli occhi degli altra passeggeri,  viaggiatori diversi. Nel caso specifico dello pseudo partito, è stato il trucco del “silenzio” ad essere scelto, evitando interviste e dichiarazioni pubbliche, consapevole che non ci sia nulla che attragga di più l’attenzione di un finto silenzio quando viene ostentato così “chiassosamente”.
Questi signori di WU MING, a proposito dell’ultima opera di Tomatis e Buscema “L’Arte di stupire”, hanno scritto/recensito
“ Tomatis e Buscema annunciano un nuovo mattino dei maghi. Quei maghi, ci dicono, non saranno un’élite: quei maghi saremo noi, noi tutti: magia al popolo!”.
Nulla da dire sul lavoro di Tomatis e Buscema e, ripetendomi, nulla da dire  sul collettivo Wu Ming ma, mai e poi mai la magia deve essere consegnata al popolo, anche nel più figurato dei termini.  Altrettanto nulla contro il popolo, ne faccio parte e mai mi butterei zappe sui piedi oltre a quelle che già ricevo abitudinariamente e per di più senza averle richieste, ma è proprio in queste errate ideologie di “sinistra artistica” che, non solo non si creano i giusti equilibri fra le parti del tutto, ma si alimentano divari sempre più evidenti e in quel Tutto, emergerà sempre qualcuno che vorrà annullare l’importanza di tutto il resto. Ne abbiamo esempi più che evidenti proprio qui in Italia con la sua arte sempre più “sinistra”: nella nostra televisione, nel nostro cinema, teatro, dappertutto - mondo della magia compreso.  
Scrivono  ancora
“Quei maghi saremo noi, noi tutti”
Non credo. Nel momento che  “TUTTI SI È” tutti … NON SI È!  Mi spiego, “si è” nel momento che questo “essere” si differenzia da altri modi di “essere”.  Se tutti “SI È” allo stesso modo non ha senso parlarne. Dire che i 7 miliardi di esseri umani sulla Terra respirano non incentiva nessuna discussione, se invece solo una decina, di questi sette miliardi di esseri umani, ha le branchie e vive serenamente sotto acqua, sì che “LORO SONO!” e  chiamate pure Piero Angela o Giacobbo.
Popolo e Magia sono agli antipodi e rappresentano appieno due elementi di cui è assolutamente necessaria ed inevitabile la correlazione ma che altrettanto assolutamente devono evitare una sinergia collaborativa se non finalizzata al compimento della magia in cui è il mago ad aver la meglio. Io non ho mai creduto alla bontà dei sovversivi, pure quando vengono considerati “pacifici”. Le rivoluzioni servono a cambiare drasticamente i corsi storici dall’andazzo indesiderato, ed è vero, solo le rivoluzioni hanno questa capacità terapeutica d’urto, se ci vuole un mezzo secolo  per costruire uno Stato o uno “stato”  squallidi ci occorrerebbe, a meno che non si “rivoluzioni”,  un altro mezzo secolo per ricondurli agli antichi (spesso presunti) splendori, ma ad obiettivo raggiunto si riattiverà immediatamente una nuova serie di eventi che col passar del tempo riformerà un altro Stato o “stato” squallidi. Sono cicli inarrestabili ed inevitabili e riguardano i contesti di qualsiasi dimensione, geografica, politica, imprenditoriale. Nulla cambia, limita a rinnovarsi, trasformarsi per poi ritornare a com’era. Processi irreversibili. Le tregue fra la finta serenità raggiunta e il ri- inizio della Non serenità, sono troppo brevi per alimentare desideri così entusiasti di raggiungerle, soprattutto se supportate dalla presunzione che  queste pause di grazia dureranno per sempre. Lodevoli le intenzioni, ma inutili gli spropositati ottimisti. Lungi da me l’idea di cedere alla tentazione del fatalismo e di adagiarsi sui divani dell’apatia, ma credo serva limitarsi ad accettare l’idea che solo il colore che noi diamo alle cose cambia gli eventi, mai le nostre azioni soprattutto quando mosse da intenti rivoluzionari. Ritornando più dettagliatamente al discorso della magia, ho sempre pensato che l’aspetto più eccitante della stessa, sia la sua capacità di combattere la conformità della realtà. Anche il cinema, ha le stesse potenzialità, ma attorno alla magia si materializzano elementi ogni volta imprevedibili che in un film non possono accadere. In un momento magico, la spaccatura fra il consueto e l’imprevedibile ha un’aura speciale, uno scambio energetico ineguagliabile e, arrivo al dunque, solo grazie alle parti che non assumono ruoli diversi da quelli con cui sono stati designati, rappresentante della magia (e quindi La Magia) da una parte e popolo spettatore dall’altro. Due ruoli, dove nessuno è superiore all’altro, ma che necessitano di un distacco affinché la magia non smarrisca l’autorevolezza affascinante che l’ha provocata e sempre contraddistinta dalle altre arti. Trovo inefficace l’ostinata ricerca, specie in questi ultimi anni, di confondere le arti, l’ibridazione fra loro di discipline vecchie e l’invenzione di sedicenti professioni artistiche in cui si fanno, con gli oggetti e i mezzi di adesso,  le stesse cose che si facevano secoli fa, ma chiamandole  con quei neologismi fighi, spesso in altre lingue,  che li inspessiscono di carisma.
 È la Semplicità curata in tutte le sue forme a produrre la Meraviglia. Adesso, come allora, ad attaccare alla poltrona non è tanto l’effetto tecnologico partorito dai cervelli fumanti di un’equipe di ingegneri, ma la poesia in un qualcosa che ci sembra impossibile non riprodurre vedendolo eseguire con tutto quello che tranquillamente avremmo a portata di mano.
In queste rivoluzioni culturali di questi ultimi tempi non c’è Semplicità.
Ancora una volta dichiaro la bonarietà delle mie più che discutibili dichiarazioni e la mia assoluta volontà di non attaccare, anche perché sprovvisto di mezzi con cui combatterli, né il  mio amico e guru Mariano Tomatis né Buscema o i signori di Wu Ming da cui, come dai primi, ho da imparare universi di cose.
Amichevolemente e sperando che non mi ghigliottinino,
Livio Cepollina