domenica 30 luglio 2017

IL BISTROT BISTRATTATO



IL BISTROT BISTRATTATO

Mi è accaduto recentemente di presenziare ad un concorso di bellezza che si svolgeva all’interno di un Bistrot della prima cintura torinese. Se Bistrot nella lingua francese significa osteria – caffè, ora viene (ab)usato per indicare un ristorantino elegante. Tant’è  che così si chiama il nuovo locale di Cannavacciuolo aperto da pochi giorni vicino alla Gran Madre. Purtroppo quel Bistrot a cui alludevo all’inizio di Bistrot ha assolutamente nulla se non rispecchiare la tendenza di oggi di riempirsi la bocca con termini prosopopeici per poi sputare dalla stessa bocca la fuffa più irrilevante. Nel menù, fedelmente copia incollati, dei piatti blasonati da accreditati gourmet, e poi nei piatti di simil-porcellana serviti, le nefandezze gastronomiche più immangiabili, un vero oltraggio alle papille gustative. E poi i modi, come si fa a chiedere un calice di vino rosso e vedertelo rabboccare in un secondo momento da un sopracciglione cirimimmico con un vino diverso dal precedente! Scriverti pane di lievito madre e vederti servire delle baguette di gomma elastica tipo quelle di Fantozzi sul treno. Ma questa superficialità nelle gesta, nei pensieri, si ripercuote dappertutto. Ne abbiamo la prova più edificante con i social: Facebook è una invenzione straordinaria, un iniettore di autostima dai toni devastanti per quanto paradossali sono, la gente si attribuisce delle qualifiche che la vita - le esperienze - i meriti non gli hanno dato, conferendosele da sola! Idioti che scattano due foto ad un “sedere” e aggiungendo un Ph al loro nick diventano fotografi, le portatrici di quel “sedere” solo perché lo mettono in mostra - con delle gambe tipo Furino a sorreggerlo -  si sentono modelle, imbecilli che organizzano la Sagra del Cetriolo Oblungo diventano Event Manager e si vanteranno di aver coinvolto a quella Fiera del Nulla gli stessi fotografi e modelle di prima. Ma se un Cannavacciolo, piaccia o non piaccia questo non è il problema, ci mette un mese per scegliere la mobilia, un altro mese per il colore delle pareti, ed altri tre mesi per scegliersi i collaboratori, delle ragioni ci saranno e si possono riassumere così: la qualità non si improvvisa e se non la si possiede è meglio sostituirla con della semplice umiltà – conterai poco ma ti eviti delle figure di “menta”.

Livio Cepollina