IL BISTROT BISTRATTATO
Mi è
accaduto recentemente di presenziare ad un concorso di bellezza che si svolgeva
all’interno di un Bistrot della prima cintura torinese. Se Bistrot nella lingua
francese significa osteria – caffè, ora viene (ab)usato per indicare un
ristorantino elegante. Tant’è che così si chiama il nuovo locale di
Cannavacciuolo aperto da pochi giorni vicino alla Gran Madre. Purtroppo quel
Bistrot a cui alludevo all’inizio di Bistrot ha assolutamente nulla se non
rispecchiare la tendenza di oggi di riempirsi la bocca con termini prosopopeici
per poi sputare dalla stessa bocca la fuffa più irrilevante. Nel menù,
fedelmente copia incollati, dei piatti blasonati da accreditati gourmet, e poi
nei piatti di simil-porcellana serviti, le nefandezze gastronomiche più
immangiabili, un vero oltraggio alle papille gustative. E poi i modi, come si
fa a chiedere un calice di vino rosso e vedertelo rabboccare in un secondo
momento da un sopracciglione cirimimmico con un vino diverso dal precedente!
Scriverti pane di lievito madre e vederti servire delle baguette di gomma
elastica tipo quelle di Fantozzi sul treno. Ma questa superficialità nelle
gesta, nei pensieri, si ripercuote dappertutto. Ne abbiamo la prova più edificante
con i social: Facebook è una invenzione straordinaria, un iniettore di
autostima dai toni devastanti per quanto paradossali sono, la gente si
attribuisce delle qualifiche che la vita - le esperienze - i meriti non gli
hanno dato, conferendosele da sola! Idioti che scattano due foto ad un “sedere”
e aggiungendo un Ph al loro nick diventano fotografi, le portatrici di quel
“sedere” solo perché lo mettono in mostra - con delle gambe tipo Furino a
sorreggerlo - si sentono modelle, imbecilli che organizzano la Sagra del
Cetriolo Oblungo diventano Event Manager e si vanteranno di aver coinvolto a
quella Fiera del Nulla gli stessi fotografi e modelle di prima. Ma se un
Cannavacciolo, piaccia o non piaccia questo non è il problema, ci mette un mese
per scegliere la mobilia, un altro mese per il colore delle pareti, ed altri
tre mesi per scegliersi i collaboratori, delle ragioni ci saranno e si possono
riassumere così: la qualità non si improvvisa e se non la si possiede è meglio
sostituirla con della semplice umiltà – conterai poco ma ti eviti delle figure
di “menta”.
Livio
Cepollina